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Recensione di Claudio Secci sul racconto “Dastan verso il mare” di Laura Scaramozzino

Mi convinco sempre più che l’abilità effettiva di un autore di storie debba andare a braccetto con la capacità di arrivare al lettore, con l’efficacia che i tempi e le opportunità mescolano nel cesto della competizione, in ambito di intrattenimento. Soprattutto il pubblico infantile e adolescenziale, nel rincorrere queste opportunità, appare sempre più esigente e padrone di trend, di quelle risposte che in base al gradimento e alle emozioni percepite, detteranno il successo di un prodotto. In un’era dove tutto sfugge e il tempo risulta sempre più rapinatore, le frazioni dell’intrattenimento libero si concedono a ciò che distacca dalle forzature, divertendo. Un buon narratore (nel caso dello scritto di “fiction”) oggi ha la responsabilità di dover mantenere alto il livello di un mezzo di intrattenimento che l’evoluzione tecnologica si spenderà per sostituire. Il bello è che questo avviene ancora. Può avvenire, deve avvenire. Avendo assimilato ormai ogni genere di storia, si rischia nel mondo letterario di andare incontro al problema delle sette note musicali: questa canzone mi sembra di averla già sentita. Come è ovvio che sia. In questo delta, così come avviene in musica, si nasconde il genio, colui che trova ancora combinazioni godibili. “Dastan verso il mare”, così come appare, sarebbe un racconto per giovani. A seconda della sensibilità, per un pubblico molto giovane. Ma perché quando termina si ha voglia di rileggerlo da capo? I suoni. La melodia che lo stile dell’autrice si aggrappa alle orecchie degli occhi è qualcosa che resta appiccicata.

“Di fronte a noi il deserto si perdeva in una distesa piatta. I ciuffi d’erba e i cespugli radi erano più scuri dell’oscurità stessa.”

Si ha voglia di incastonare il consumatore nell’ambiente con soave precisione certosina senza rigidità. Delicatezza magistrale. E ancora

“Puzzavo di banana marcia e i crampi mi mordevano lo stomaco.”

Nessun problema a colorare sensazioni che sono tutt’altro che superflue.

“Grazie al legame che aveva con me, mia madre tornava a casa ogni sera. Anche se mio padre era morto nel conflitto, immaginavo che una parte di lui sarebbe rimasta con me per sempre.”

L’empatia che serve ai più piccoli per avvicinarli al concetto di morte e di trasmissibilità dei sentimenti familiari, senso di appartenenza, eredità.

Quindi tutti gli ingredienti perfetti per bambini e ragazzi. Ma.

Sebbene a livello contenutistico e morale propenderebbe per questa fascia d’età, lo stile sembra non appartenergli. La costruzione dei concetti si fa di frasi che con la suspense lasciano spazio a riflessione, dominando comunque il lettore e costringendolo all’inseguimento. È lì che si va a rapire fette di pubblico adulto. Un piccolo neo che potrei evidenziare è la ripetizione di formule che potrebbero essere più dinamiche e varie. La ridondanza del “Che” dopo il punto è una formula che mi piace ma di cui non abuserei, così come la frammentazione del periodo in molti brevi enunciati, laddove si sarebbe potuto creare un unico periodo più strutturato. La creatività stilistica deve essere varia, senza troppe sequenzialità. Il racconto difatti si presta non solo a scene dove il ritmo deve essere di attesa ma dove si descrive un contesto e lì avrei lasciato maggiore respiro sintattico. Si denota una certa maturità stilistica che, sempre per mio parere, potrebbe essere ancor più camaleontica.

Cosa ci racconta “Dastan verso il mare”?

Il nostro pianeta resta quasi disabitato dopo una catastrofe climatica che lo ha reso invivibile. Nella “Città delle stelle” tutto è devastato e desolato nello scenario che abbraccia il protagonista. Povertà, incertezze, paura, sono i sentimenti che animano Dastan e sua madre. Suo padre è morto nella grande guerra e lui, con il suo splendido ricordo, cerca di sopravvivere in un contesto davvero ostile e complicato. Sua madre cerca comunque di tenere alto il morale del figlio, ma quando verrà uccisa da dei banditi, per il giovane protagonista avrà inizio una successione di colpi di scena.

È un racconto dalla fervida e intensa componente empatica dove si scandiscono i legami familiari, che ci insegna come non ci si debba distaccare dalla propria umanità. Non lasciando mai la mano alla speranza, si può ottenere ogni cosa. Dastan incontra poi i cosiddetti Custodi della Vita e per lui ha inizio un lungo cammino verso il mare, dove immagina potrebbe salvarsi. Ma sarà un percorso pieno di difficoltà e diversi individui cercheranno di ipnotizzarlo per derubarlo di tutto ciò che possiede. Ma Dastan possiede capacità nascoste e ciò che potrebbe sembrare scontato, non lo sarà affatto.

Il libro è trasversalmente consigliato.

 

E’ uscito il GRIMORIO DEL FANTASTICO – ANNUAL SPECIALE CSU

E’ un’altra bella emozione, il numero speciale de “Il grimorio del fantastico” dedicato questo mese al Collettivo Scrittori Uniti! A cura di Nico Menchini si tratta di un’altra pubblicazione che nel 2022, dopo le due antologie (quella derivata dal corso di scrittura alla Scuola Media, e quella in collaborazione con Stella & Aratro presentata a Roma in giugno contro la violenza sulle donne) di cui abbiamo già parlato, vede il collettivo protagonista. All’interno di questo gioiello, acquistabile da lunedì a questo link https://www.amazon.it/dp/B0B8RHVN8B…

troverete:

Un editoriale del nostro fondatore, Claudio Secci, più un suo articolo dedicato all’evoluzione del Csu…

Poi… rrrrrulllllo di tamburi…
Editoriale di Nico Menchini autore
Racconto di Massimo Procopio
Racconto di Alessandro Mazelli
Racconto di Marco Zio Ferreri
Racconto di Logren Arbor
Intervista a Melissa Spadoni
Intervista a Monica Serra
Intervista a Andrea Longo
… e tanti altri contenuti interessanti.
Siete pronti a mettere nella valigia delle vacanze questo gioiello assieme alla crema solare?
Staff Csu

Recensione di Claudio Secci su “Abuso d’amore” di Roberta De Tomi

Visuale macroscopica sul prodotto

Se penso ai plot narrativi di Elinor Glyn credo di non esagerare, chiudendo l’ultima pagina di “Abuso d’amore”. Le interlocuzioni e la maturazione del rapporto passionale fra Rebecca e Jonathan, nato da un incontro su un treno, lascia un sapore al contempo antico ma riflette perfettamente il melting pot in cui è immersa la nostra cultura attuale. Un racconto che è spaccato perfetto per una sceneggiatura cinematografica, dove la porzione d’infusione soft erotica viene magistralmente dosata preservando l’eleganza di cui Roberta De Tomi è assolutamente garante in tutte le sue produzioni.

Roberta sa che il lettore oggi ha semplicemente sete di intense e permeabili storie, di cui la letteratura contemporanea a ogni livello patisce un po’ la siccità. Edito Delos Digital, etichetta molto attenta alla qualità trasversale di ogni suo prodotto.

 

La storia e i tratti distintivi

 Rebecca è una trentenne che è stata lasciata da poco da un fidanzato e rimugina sull’accaduto, perché quello doveva essere l’uomo della sua vita. Durante un viaggio in treno conosce un giornalista di nome Jonathan, con il quale nasce prima un dialogo fatto di battutine per poi crescere rapidamente fino a sfociare nel sesso autentico e coinvolgente. L’autrice conosce il genere e sa come descriverne i momenti e i dettagli senza sfociare nel volgare e nel trash.

Ci sono tutte le componenti classiche ma allo stesso tempo innovative del soft erotico. La presunzione di lui “Direi che devi recuperare il sesso scadente” e la rivendicazione di lei “Lui mi scopava solo, come una puttana” sono già per loro due tratti distintivi che Roberta fa propri con una tonalità densa e stimolante.

Ciò che si rende necessario, in questo genere, è sempre la mescolanza della componente morale, che deve prevalere sul mero aspetto fisico. A pagina 26 troviamo “Le sue erano frasi preconfezionate, ma nei suoi occhi leggevo una traccia d’amore. Il suo cercarmi, il suo continuo chiedere scusa, il suo farmi strada.”, tratto importante che porta il lettore verso una flessione moralmente onesta del possibile esito di quel rapporto, per quanto nella vita reale spesso siano condimenti di un rapporto che brilla nel suo principio per poi spegnersi nell’amalgamarsi alle abitudini.

Notare come l’eleganza inumidisce gli istanti che crescono di calore mentre i corpi si avvicinano. “Le parole mi muoiono in gola. Le sue dita mi toccano sopra gli slip poi raggiungono la pelle libera delle cosce. Con la punta della lingua gioca con l’ombelico, strappandomi una risatina, seguita da un gemito. Mi lambisce ancora la linea alba, fino a saltare sul pizzo.” E ancora “mentre tortura il mio intimo più vibrante”.

E viene ribadito a pagina 32 il concetto più importante, quello delle opportunità lasciate e agguantate, che in amore sono imprevedibili e simili a una roulette russa. “Per Jonathan sono una sconosciuta, ma mi tratta come un amore a lungo termine. Un amore che non ha bisogno di buongiorno e buonanotte e che non sclera per una risposta in ritardo.” Qui Roberta esprime un’immensa verità: i rapporti perfetti non hanno bisogno di nulla di convenzionale, perché non iniziano e non finiscono con nessuna legge conosciuta. Rebecca conoscerà meglio sé stessa da questo rapporto, come incastrarsi nei tempi del partner e calibrare e sopperire alle necessità dell’altro. Comprenderà bene i confini di un abuso e troverà infine la sua libertà.

Digestione

Terminata la lettura mi sono sentito molto bene. Anche la lunghezza del testo è quella giusta, non serviva nulla di più a questo spaccato. Consigliato a tutti, per un pubblico adulto ma soprattutto anche ai non amanti del genere. Questo racconto nasconde un’infinità di messaggi sociali indispensabili e di cui dovremmo tenere conto quando diamo per scontato alcuni aspetti, in amore, che non lo sono per niente.

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