Claudio Secci recensisce “Storia segreta di Angelica” – di Elena Salem
Nel momento in cui ho messo piede in questo libro, ho avuto la sensazione di accomodarmi a casa di una narratrice che, oltre a un cospicuo tesoro di conoscenze ambientali e un’estesa e collaudata immaginazione, avesse nella sua mente tutto il percorso di questa storia come incollato davanti agli occhi. Poi, soltanto dopo, scopro che Elena Salem è insegnante di scrittura creativa e filosofa, oltre a portarsi dietro tante altre esperienze come il giornalismo e il coaching. Non è cosa scontata affidare un genere a questa storia, e infatti vedo che i maestri Delos lo affidano alla Narrativa mainstream. Perché viaggeremo dietro a un giallo, a volte d’azione, a volte un po’ thriller, nel quale si rilasceranno vibrazioni empatiche e desiderio estremo di sbrogliare una matassa che può nascondere (e il lettore non lo comprende se non davvero verso la fine), qualsiasi tipo di soluzione. Una ragazzina di 13 anni è perno della vicenda: scompare da un ospedale di Milano in cui era ricoverata per leucemia. Ha inizio un’indagine che sembra portare verso sperimentazioni illegali – “Che relazione c’era tra tutto questo e le sperimentazioni cliniche? E poi, ne facevano davvero di illegali? Possibile? Su dei ragazzini? La situazione stava prendendo una piega non prevista. E non soltanto dal punto di vista dell’indagine.” quindi il lettore attraverso il commissario De Vicari “La ricerca di Angelica stava assorbendo gran parte delle sue energie, tra interrogatori e sopralluoghi, e avrebbe avuto una priorità assoluta finché non avessero ritrovato la ragazzina. Ma doveva fare il punto anche su altre inchieste in corso, come quella sul furto alla Popolare di Milano, e verificare se ci fossero novità sul traffico di droga di Lambrate.” diventa indagatore e inizia a fare le sue ipotesi, che lasciano immaginare cosa ci sia dietro quella sparizione che potrebbe tradursi in una semplicissima fuga della ragazza che poteva aver subito e visto cose spregevoli. Sullo stile devo limitarmi a fare il lettore, perché da autore avrei fatto alcune scelte diverse, ma è ovvio che sia così, ogni artista vive le descrizioni e le costruzioni degli intrecci in maniera personale. Quando dico che la Salem è provvista di esperienza creativa, mi riferisco al suo modo di definire i contorni delle scene. Ogni singola azione nella storia è sempre condita da una sensazione, da un contesto che deve sempre giustificare, prima dopo e durante, all’assimilatore. Ogni capitolo infatti comincia con il tuffo nell’ambientazione, a preparare il palco. “Al centro del tavolo della sala degli interrogatori troneggiava l’acquerello,” “La città era congestionata dal traffico.” “La temperatura era salita, sembrava una di quelle giornate di primavera che preannunciano, con qualche impennata di caldo, l’arrivo dell’estate.” E poi l’esigenza del dettaglio, spasmodica, che ho trovato a volte quasi maniacale “Raffaele Scuteri uscì dalla doccia stampando le impronte dei piedi bagnati sulle piastrelle grigie del bagno.” “Il cellulare vibrò nel taschino del camice inamidato di fresco.” sono cure verso il lettore che denotano le necessità scenografiche della scrittrice, che le dosa sapientemente. Se volete donarvi quattro ore di percorso all’interno di un mistery contemporaneo dal sapore agrodolce, siete capitati nel libro giusto. La violenza sui minori è argomento delicato che necessita persistenti lenti di ingrandimento, tematica sulla quale non si finirà mai di scrivere, parlare, raccontare finché esisterà il mondo.
Claudio Secci