Recensione di Federico Ingemi di “L’erede di Ethel. Il grande Vallo” di Chiara Tremolada
Torniamo con una recensione fresca fresca del nostro professionista Federico Ingemi, che sarà con noi anche a “Libri in Piazza 2022” come ospite speciale. Questa volta si concentra sull’opera “L’erede di Ethel. Il grande Vallo” di Chiara Tremolada.
Ogni volta restiamo imbambolati davanti alle sue eccellenti analisi sui testi dei nostri autori…
Puntare sul personaggio per emanciparsi dai giganti del fantasy.
di Federico Ingemi
Chiara Tremolada
L’erede di Ethel. Il grande Vallo.
- 367, Porto Seguro Editore, 2021.
Confrontarsi con il genere fantasy vuol dire fare inevitabilmente i conti con i grandi padri del passato come J. R. R. Tolkien e C. S. Lewis, ma anche con i “senatori” del presente (vedi G. R. R. Martin e Licia Troisi). Il rischio di copiare le loro opere è alto, inesorabile invece l’influenza di queste sulle nuove leve di autori fantasy. Chiara Tremolada schiva questo pericolo, riuscendo a innestare, sulla tradizione citata sopra, il racconto del turbamento interiore di un’adolescente.
Il continente di Talamh, una grande isola caratterizzata da fiordi e foreste vergini, è scosso da una guerra centenaria: da un lato il potente Stato del Mèinn-Ghuail, retto dal tiranno Alexander Mektig; dall’altro il Regno di Ethel. A dividere questi due stati vi è il Vallo, una struttura difensiva che corre lungo il confine, teatro di violente battaglie. Dopo la prematura scomparsa della coraggiosa regina guerriera Alba, a salire sul trono del regno è la sorella minore, Erin Dìthean Flin. A soli sedici anni è chiamata a ricoprire un ruolo difficile, incompatibile con la sua personalità: non è né una combattente pronta all’azione come sua sorella, né capace di relazionarsi con distacco e freddezza con i sudditi e soldati. L’empatia e la diplomazia non sono doti che un regno in guerra cerca in una regina. A complicare il quadro generale si aggiunge un insolito potere di guarigione che si risveglia in lei, interpretato dalla popolazione come segnale di sventura.
Non vuole combattere ma perseguire la via della pace, esponendosi a costanti giudizi, critiche e paragoni con la sorella. Quando la tregua raggiunta viene tradita dallo Stato del Mèinn-Ghuail, generando così una nuova escalation di violenza, la protagonista crolla; frustrazione e senso di inadeguatezza la attanagliano (“Non sono niente e non valgo niente, né come regina, né come nient’altro”). È l’anti-archetipo dell’eroina: piange, cerca sempre il sostegno di altre persone; si sente debole e inadatta, in balìa degli eventi che le piovono addosso. Questo è il valore aggiunto che Chiara Tremolada ha dato al romanzo: ha costruito un personaggio umano, vicino al lettore, che sicuramente nei prossimi capitoli della saga imparerà a fare dei suoi fallimenti occasioni di riscatto.
La narrazione del dissidio interiore della protagonista non eclissa la componente più classica del romanzo fantasy: battaglie e assedi sono descritti utilizzando un lessico sempre puntuale, che permette al lettore di calarsi pienamente all’interno degli scontri; la componente di magia non mina la veridicità della storia ma è dosata ottimamente. Leggermente sacrificate invece le storie dietro ai personaggi con cui Erin si interfaccia (tra i più interessanti il Gentilizio William Blaze, il capitano Robert e l’enigmatica Baylee), una scelta autoriale dettata forse dalla volontà di concentrare, in questo volume, l’attenzione sulla protagonista, rimandando ai prossimi capitoli della saga l’analisi di questi. Merita quindi aspettarli, per veder crescere Erin e capire come affronterà le insidie che si celano nel Talamh.