Recensione di Claudio Secci per il libro “AmoreSsia” di Ilaria Caserini (MILOS)
Un dramma familiare assolutamente condivisibile e riscontrabile nel quotidiano di ognuno di noi. Una storia che circola attorno all’omertà, ai timori del provincialismo ma che esce dai soliti schemi scenografici. Ilaria Caserini si cerca problemi nel romanzare su anoressia e depressione, schivando con scioltezza tutte le difficoltà di coinvolgimento col lettore che, spesso protagonista in prima persona di queste agonie, potrebbe non condividerne le sensibilità. La storia di Isabella (spesso l’anoressia è affiancata nelle cronache a figure femminili, perché associato a un malessere legato alla vanità o alla non accettazione di sé stessi a livello estetico) è in realtà un vissuto trasversale, frutto soprattutto di un sinistro rapporto con la madre Margherita.
Mi vengono in mente due libri ai quali AmoreSsia non ha nulla da invidiare, “Volevo essere una farfalla” di Michela Marzano, nel quale l’autrice rivela che “L’anoressia non sia come un raffreddore. Non passa così, da sola. Ma non è nemmeno una battaglia che si vince. L’anoressia è un sintomo. Che porta allo scoperto quello che fa male dentro.” e “La circonferenza di una nuvola” di Carolina Capria, nel quale la protagonista potrà confrontarsi con altri ragazzi di un istituto che raggiungono l’Anoressia per motivazioni diverse. Bullismo, compiacimento estetico, raggiungimento dell’autostima a seconda dei casi.
In AmoreSsia troviamo Isabella, ragazza pacata e introversa, alla quale piace stare sola, che inizia ad isolarsi da tutti, in seguito ai continui litigi con la madre e le sue severe riprensioni. Desidera stare fuori da un mondo che non sente suo. Colleziona ritagli di giornale di ragazze magrissime e li conserva in una scatola segreta. Opera per un’associazione di volontariato, con la quale porta pasti a domicilio per i bisognosi. Col volontariato cerca di dare agli altri quello che non riesce a dare a sé stessa. Lì conosce Giancarla, un’anziana donna con la quale instaura subito un bellissimo feeling, così diventano amiche. Diventano amiche, nonostante la differenza di età, e la partenza per le vacanze, presso Cimaglio, in Liguria, della sua famiglia sembra chiudere questa parentesi. In vacanza Isabella conosce Damiano, un ragazzo introverso come lei che soffre di dermatite. L’amicizia con questo ragazzo darà il via a un’intersecazione delle loro strade che nascondono legami insospettabili per Isabella fra le loro famiglie, che grattano il passato di entrambi e che daranno risvolti importanti alla condizione di Isabella e della sua famiglia, in modo assolutamente inaspettato. È un romanzo che solletica il concetto di imprevedibilità della vita, di amicizia che va oltre le barriere dell’opprimente realtà, del pregiudizio e dell’ignoranza. Come apparenti dettagli insignificanti possano smuovere montagne fatte di preconcetti e rigide paure di paese.
Stile, sceneggiatura, proprietà dell’autrice
l suo “rituale” del vomito, assolutamente familiare per chi si è trovato all’interno del problema, che supportano con autorevolezza e competenza lo scritto.
Il romanzo si articola in 51 capitoli e circa 600.000 battute, ed è considerabile come spin-off di “Autopsia di un’emozione”, il primo romanzo dell’autrice. È disponibile in formato Cartaceo ed Ebook ed è edito dal gruppo editoriale PUBME, collana Milos. Il genere è di narrativa mainstream contemporanea. Ilaria Caserini alterna proposizioni perentorie e brevilinee a periodi talvolta decisamente lunghi. Diversi, a mio dire, i periodi che potevano essere divisi permettendo respiro e concentrazione migliori per l’assimilazione del lettore. La raffigurazione del contesto è ben curata e i dialoghi talvolta gergali sono misurati, attualizzati e ben identificati. Decisamente efficaci gli aneddoti che ruotano attorno a Isabella, con questa ricerca spasmodica del bagno per il suo “rituale” del vomito, assolutamente familiare per chi si è trovato all’interno del problema, che supportano con autorevolezza e competenza lo scritto.
“Solo quando fui convinta di aver svuotato per bene lo stomaco, l’agitazione si placò.”
In questo passaggio si riassume quasi tutto il gioco psicologico della persona affetta. I dialoghi sono seguiti da indirette equilibrate e ben dosate, solo quando effettivamente necessarie a condire e dare ritmo immaginario alla discussione. Anche le discussioni pluri-interlocutore sono strategicamente ben gestite per non generare confusione nell’ideale di scena del lettore. I capitoli si alternano fra l’onniscienza e la prima persona di Isabella, indicata all’inizio quando presente, e questo diventa particolarmente incisivo e utile per prendere il volante della storia e sentire più da vicino i sentimenti e le sensazioni di Isabella. Le frasi da despota e tiranno della “prima” Margherita sono ben riconducibili a molte realtà di famiglie di stampo classico. Alcuni passaggi son semplicemente eccellenti, ma nel complesso tutti gli avvenimenti vengono esposti permeando di fluidità la lettura, che torna altamente godibile per il viaggiatore. La sensazione nel complesso è che non vi siano ridondanze stilistiche, che tutto avvenga con estrema improvvisazione e questo istinto lo si percepisce nella varietà delle figure creative che Ilaria mette in gioco fra una proposizione e l’altra. Editing ineccepibile, vocaboli eleganti e ricercati ove necessitano (allampanata, stoiche, disquisire, baldanza puerile, madida). Un romanzo scritto con una forma sublime.
Claudio Secci