Recensione di Federico Ingemi per Pax Vobiscum di Iana Pannizzo

Il nostro recensore professionista si è occupato, nel mese di settembre, del nuovo romanzo di Iana Pannizzo, dal titolo “Pax Vobiscum”. Il titolare di Romanzo a Pranzo, Federico Ingemi, anche bibliotecario e operatore del settore letterario attraverso svariate attività, nonché recensore freelance anche attivo per la rivista “L’indice”, ha esaminato così il libro della nostra autrice, che presto uscirà col suo terzo titolo.

Un giallo ottuagenario.

Schiere di signori, armati di bastone e berretto, assistono allo spettacolo dei lavori pubblici in ogni città del nostro paese; migliaia di sciure dai capelli impeccabili affollano i banchi delle parrocchie. L’anziano è spesso una figura mitizzata e senza macchie, nella vita reale come nella fiction: difficile pensare che queste candide figure possano aver avuto un passato torbido, che abbiano provato odio e rancore. In Pax vobiscum, questo aspetto affiora significativamente, facendo vacillare l’immaginario collettivo attorno agli ottuagenari.

Valle dei Pionieri è un paese montano arroccato a milletrecento metri d’altezza, difficile da raggiungere e lontano dalla tecnologica e frenetica vita di città. Ad abitarlo sono prevalentemente anziani, “orsi e misantropi che avevano scelto uno stile di vita quasi arcaico e solitario”. La lenta monotonia viene squarciata da due eventi: l’arrivo di una coppia di giovani in cerca di una ragazza scomparsa poco prima del suo matrimonio, e una serie di feroci delitti. Neanche a dirlo: in ottemperanza al principio di diffidenza dai forestieri, i sospetti ricadono sui nuovi arrivati. Eppure anche Valerio e Amelia, fratelli accomunati da un tradimento, entrano nel registro degli indagati: alla comunità non è mai andato giù il loro comportamento distaccato dopo la morte, contemporanea e sospettosa, dei rispettivi coniugi.

L’assassino sembra voler colpire solo le donne del borgo, ognuna con un passato triste e oscuro. Adele, Frida, Ottavia, Nausica, Olivia: c’è chi ha sofferto e continua a soffrire per un amore mai corrisposto (friendzone non rientra nel vocabolo di un anziano, almeno per ora), chi patisce il rapporto travagliato col figlio, chi ripensa con astio a un’amicizia tossica. Scavando nell’animo di queste signore, si scoprono delitti mai confessati, tradimenti, ricatti, abusi e occultamenti di cadaveri: l’odio e il rancore sono ancora vivi sotto le ceneri del tempo; l’incapacità di guardare al futuro, data l’età, le fa vivere perennemente con i fantasmi del passato.

L’omicida sente Valle dei Pionieri non come un’oasi di pace, bensì come una prigione in cui per anni si è sentito oppresso, senza potersi mostrare per quello che era veramente. Questa frustrazione sfocia nel sangue e nell’inchiostro: è infatti grazie al suo diario che il lettore può avere un contatto diretto con il killer, può entrare nella sua mente. Del paese scrive: ”un posto che mi fa schifo, che vorrei sotterrare insieme a tutti i suoi miseri ipocriti abitanti. […] la loro bocca è velenosa come quella di un serpente”; il delirio di onnipotenza gli fa credere di essere “padrone del mondo” e di tenere “la clessidra della loro vita tra le mani”.

L’autrice Iana Pannizzo ha creato un thriller con grandi potenzialità narrative che, con qualche accortezza, potrebbero emergere maggiormente. Una rivalutazione della punteggiatura e una decelerazione della narrazione in alcuni tratti (soprattutto sul finale), aumenterebbero il grado di leggibilità e scorrevolezza del testo, arricchendo ancor di più Pax vobiscum. Infine i tanti personaggi, già intriganti per il loro trascorso, spiccherebbero di più con una maggior caratterizzazione, attraverso dialoghi e descrizioni più incisive.